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Vorabbericht in Sachen der
Zona Cesarini

Romanzo, FolioVerlag, 03/2024

Lanthaler. Cesarini

Nel 1907 Renato Cesarini, neonato di pochi mesi, viene fatto sbarcare a Buenos Aires. Ha alle spalle quattro settimane di viaggio sottocoperta e più di mille emigranti italiani stipati. In un secolo pieno di contraddizioni, Cesarini attraverserà l’Atlantico più volte, andata e ritorno. Sempre con le scarpe nuove fatte dal padre calzolaio napoletano, passa da borseggiatore-bambino e acrobata del circo del Boca a stella del calcio di due nazionali (ARG/ ITA), diventa bevitore di champagne, nottambulo e proprietario di una tangueria a Torino. In compagnia di agenti, campioni del mondo di boxe, un’amante di Mussolini, Albert Einstein e la sua scimmia Scimmi.

(in fase di traduzione, thxs 2 Stefano Zangrando)






Il delta
 
Il delta

Traduzione dal tedesco di Stefano Zangrando
Edizioni Alphabeta
160 pp, 2016



Kurt Lanthaler racconta la storia e le storie di una vita itinerante che nasce nel delta del Po e attraversa il paese e i decenni, passando per pianure e per monti per poi tornare al fiume. E racconta cinquant’anni di lotta tra uomo e natura, di inutile sviluppo, personale e civile, ma anche cinquant’anni di vita, di passioni, dolori, malinconie. (ab)


(…) Vedete, Fedele Conte Mamai è di nuovo qui, dico. Ci è voluto un bel po’ di tempo, era sempre in giro. È quasi irriconoscibile. E tutto è rimasto come una volta, vedo. La piazza, l’edicola, la nebbia e il vento. L’argine, i canali. E di buoi non ce ne sono più già da un pezzo, da nessuna parte. L’ultimo lo vidi non meno di quindici anni fa. Attraversava la strada davanti a uno zoo. Non si capiva se andava o veniva. E da allora mi chiedo da dove arrivino mai tutti i guanciali brasati. Per l’appunto. L’osteria è ancora quella vecchia. Buia, come in passato. E un po’ umida, come allora. Non così inospitale. (…)

Le storie della vita di un certo Fedele Conte Mamai, trovatello del delta del Po, cresciuto su un chiatta in mezzo al grande fiume. Storie di anguille e di acque alte, di una vecchia valigia di cartone, di baccalà e babà, bresaola e bottarga e del piano e degli ingredienti della vecia col pist. Storie di Maierlengo, del paese dietro l’argine, e del paese senza nome oltre la diga di montagna, delle grandi imprese degli ingegneri e delle imprese ancora più grandi della natura. Storie di vite e di migrazioni, di lingue e di proverbi.

***


Picaro qua, picaro là

Questa volta valico i confini della valle in cui mi trovo a vivere, ma invece di prendere l’auto e scivolare lungo la tratta autostradale più cara d’Italia, o prendere il treno e perdermi nella tratta ferroviaria più lenta d'Europa, mi lascerò trasportare dai libri.
Ecco, Il delta di Kurt Lanthaler è il libro che vorrei sempre leggere. I motivi sono tanti, a partire dalla bella (lo si sente, che è bella, inventiva, amica) traduzione di Stefano Zangrando. E poi ci sono le svolte impreviste della storia: perché è vero che tutto parte nel delta del Po, nell’immane pantano piatto in cui si aggirano i cacciatori di frodo di anguille, e qui vediamo agitarsi l
io protagonista dal nome immaginoso di Fedele Conte Mamai e i suoi amici o rivali, in un pantano salmastro che rende lutulento anche il tempo, e tutto si ripete, rallenta, sprofonda; ma a un certo punto tutto d'improvviso si muove, lio diventa molte altre cose, operaio e lavoratore di mille lavori in giro per lItalia e anche oltre, fino a tornare al delta da laureato, ad annusare quell'aria nebbiosa e a inseguire i cascami di quello che è rimasto. Un personaggio così, picaro di natura, multifaccia come Ulisse ma senza senso del dramma e del melodramma, ribelle ma di un ribellismo improntato a una sorta di understatement, mai protagonista, sempre un po’ defilato, è un piacere seguirlo dove capita, ai baracconi, in Sardegna o tra le montagne svizzere (ma come, fin qui è arrivato, da queste parti? mi dico guardando fuori dalla finestra, come se potessi vederlo) o a Cinecittà, dove compare anche, in un cameo di straniante comicità, il Bombolo di tante commediole tirate via. Ed è anche un piacere vederlo interrogato dalle polizie, perché sai che sa difendersi, non correrà rischi seri, e dal non detto verranno fuori altre cose, e a Fedele Conte Mamai piace ragionare, anche con un po’ di puntiglio.
Che bellezza queste storie in cui si vivono avventure umane per interposta persona. Gli vorresti chiedere, da lettore, a Fedele Conte Mamai e agli altri come lui: ma dove stai andando, dove mi stai portando? In realtà non lo vuoi sapere, e ti lasci trascinare dove non andresti mai di tuo, ma loro i personaggi inquieti che si muovono tra terra e mare come animali migratori – ti ci portano, e vivono svolte incidenti inconvenienti fratture come passaggi naturali, magari brontolano un po’, ma mai quanto faresti tu, perché sanno che quel momento sarà presto superato, quell’accidente dimenticato.

Claudio Morandini, zibaldoni, 2016



«Si accosta alla porta, la nebbia, ed entra»: pare di galleggiare in un’atmosfera d’acque e fango del fiume Po – e poi di osterie e villaggi – nel romanzo Il delta, che narra il ritorno di Fedele, un orfano «spuntato» dalla sabbia del delta e ora allampanato cacciatore d’anguilla, che cattura «quando il Po è grigio».

Ida Bozzi, Corriere della Sera, La lettura, 2016
 


Chi è Fedele Conte Mamai? Perché è ritornato a Maierlengo, immaginario paese nel delta del Po, dopo quarant
anni di assenza? Cosa ci fa con una valigia contenente baccalà e babà, bresaola e bottarga, insieme a pochissima biancheria? In un paesaggio felliniano, onirico e vagamente mostruoso, popolato da personaggi che potrebbero sembrare lontani parenti dei «lunatici» raccontati da Ermanno Cavazzoni (come il Vaccarin, che di mestiere fa il bosgato, cioè il macellatore di maiali, in cambio del loro sangue; o Bombolo, «un barcaiolo piccolo e grasso al quale il Po dà regolarmente tempo e occasione di ubriacarsi»), scritto con un impasto di registri linguistici (linguaggi tecnici, dialetti, lingue gergali e persino qualche frase in cinese) Il delta si caratterizza per il continuo alternarsi della voce narrante che passa dalla terza alla prima persona anche all’interno della stessa frase e per l’avvicendarsi di passato e presente.
Non un romanzo ad intreccio con uno scioglimento finale, ma il succedersi di avvenimenti che sono anche eventi linguistici e che imparenta il romanzo di Kurt Lanthaler (altoatesino che vive a Berlino, per la prima volta tradotto in italiano da un bravissimo Stefano Zangrando) alla tradizione degli sperimentatori e sovvertitori linguistici che hanno in Céline un punto di partenza: come un novello Bardamu anche Fedele è alle prese col suo viaggio notturno e visionario.
Al lettore non resta che seguirlo senza chiedersi dove lo porterà, lasciandosi trascinare dalle parole e dal ritmo delle frasi, andando avanti e indietro nel tempo, avventura dopo avventura, ricordo dopo ricordo.

Giovanni Accardo, Indice, 2016
 

Viaggio nel paese e nelle sue mille lingue
(…) Mi piace usare il termine
«cura la traduzione» piuttosto che «traduce» perché il lavoro di Zangrando è qui, più che mai, un prendersi cura di un testo particolare, una «navigazione» che ha per punto di riferimento geografico un posto: il delta del Po, ma si estende, si dilata e si restringe, come fa il fiume nelle sue secche e nelle sue piene, in un territorio molto più grande, un territorio geografico e un territorio linguistico. Al traduttore è dato trovare una lingua ricca di giochi di parole, allusioni, assonanze, cercando di riprodurre una ricerca puntuale di etimologie, cercando di non «tradire» i passaggi indovinatissimi nelloriginale, nei dialetti locali, i dialoghi in italiano, le canzoni e riferimenti letterari (Torquato Tasso).
(…)
Un bell
’impegno questo di Zangrando, egregiamente riuscito. Il romanzo qui presentato in traduzione, ha come titolo originale Das Delta; A definizione dell’autore è «un romanzo italiano scritto in tedesco».
A questo punto si impongono due righe sull
’autore. Nato a Bolzano nel 1960, vive a Berlino (…). È uno degli scrittori sudtirolesi in lingua tedesca che preferisco. La lingua, negli scritti di Lanthaler, muta e si matura e si muove dai suoi primi romanzi «gialli» fino alla intensità, sempre gialla, di Azzurro e Napule, alla poesia, al romanzo Das Delta, di cui parliamo. Quello che me lo avvicina poi è il fatto che Kurt Lanthaler sia un uomo di frontiera, uno scrittore che usa le lingue e i dialetti piegandoli e concentrandoli in sequenze di suoni significanti un mondo, oltre che un modo di essere e di pensare. Uno scrittore che non si lascia ingabbiare da frontiere nè di spazio nè di lingue.

Ma torniamo al romanzo, alla forma della scrittura. Questo romanzo è una mappa di vite, prima di tutte quella del protagonista Fedele Conte Mamai, Bombolotto, Maierlongo, che nasce in un territorio che è «terra ed acqua» come nelle canzoni, attraversa il paese e il tempo, passando per pianure e monti, per luoghi e stagioni, per mestieri e professioni, per tornare alle origini, al Delta del Po, come l
anguilla, uno dei simboli del racconto. Il romanzo usa una lingua che è un gioco, il ritmico alternarsi di lingue appunto o di dialetti: tutti i quarantotto capitoli del racconto hanno, anche nella versione tedesca, i titoli, prima in italiano, seguiti da una specie di spiegazione del contenuto del capitolo, in lingua tedesca. Non dimentico i dialetti, i vari dialetti espressi, quasi sempre sotto forma di proverbi, la vera saggezza dei popoli.

Il protagonista principale, Fedele il trovatello, trovato appunto e cresciuto dal tacitumo pescatore Bombolo (dal quale il nome di Bombolino) che vive sul - nel - dentro - sopra, il grande fiume, il Po, raccoglie le parole come funghi. Bellissima metafora di chi vive almeno due lingue e due realtà e si deve fare, da solo, un vocabolario, un modo di sopravvivere e crescere, per, quasi sempre, fuggire per poi tornare con una valigia di cartone piena di sogni di luoghi trascorsi riprodotti in suoni di cibi: bottarga per la Sardegna, baccalà per le sue terre, bresaola per il Piemonte e babà per la Sicilia. E Genova e la ricetta della vecia col pist e Chiavenna e i contrabandieri, e la grande diga e le molte opera di ingegneria e le storie degli altri, quelli che sono vissuti e poi scomparsi dal Delta?

Segni, piccole stazioni di pensiero, pause, memorie. Una vita, tante vite.
Certo emerge lui, un trovatello al quale il suo «padrino inciampato», perché inciampando lo ha trovato, ha dato il nome di Felice, i carabinieri che lo prendono, come e per causa delle anguille, lo chiamano col nome del luogo Maierlongo, e il Mangiafuoco, con il quale si imbatte in una breve esperienza circense, lo ribatrezza Conte Mamai, dalla affermazione del ragazzo che dice «Con-te-ma-mai».
E anche questo nome e questa descrizione, è nel testo originale, in lingua italiana. Il romanzo non si basa su una sola storia. Un
atmosfera come quella del delta del Po si può solo narrare con mille rivoli e mille situazioni, piccoli e veloci schizzi, giochi appunto di pensieri e lingue, sciolti nella nebbia che tutto fagocita, condizionati da un evento, che sempre si riproduce, la piena, la rotta degli argini, le alluvioni, la tragedia.

Un quadro di un paese, l'Italia, vista da fuori-dentro? Un Paese dove la nebbia appunto – e non solo questo fenomeno fisico atmosferico – si presenta alle porte dell
Osteria del paese Il Cristo dimezzato «come se avesse sete, la maledetta nebbia. Come se lì dentro non fossero già abbastanza annebbiati dal vino e dallacquavite e dalle storie. Sì, quelli là fuori e le loro chiacchiere sulle storie, ancora. Tagliano i panni addosso al mondo e cosa resta? Niente. Solo chiacchiere appunto. Le storie invece: come se il mondo là fuori potesse comprendersi in un altro mondo con annessi e connessi, e babá e bresaola, baccalà e bottarga».
E per finire un pasto con il titolo In cucina / Mise en place, uguale nell'originale e nella traduzione. Siamo alla fine del romanzo e il luogo dove Felice ritorna è un luogo dove pare non ci sia più nessuno.
Così nella traduzione di Stefano Zangrando: «Ecco che senti trafficare in cucina. Ovviamente no, dici, non può essere. Senti rumori, colpi di lama. Passi, erbe tritate. Acqua che scorre... Caro Fedele Conte Mamai, dici mai mai. Mai nella vita. Te lo stai immaginando.... Ai fornelli c
è un cinese... A dire il vero, pensavo fosse un paese fantasma. Hai, dice il cinese, noi siamo gli spiriti: Siamo nelle cantine a cucire... Qui viviamo nel nostro Grande Fiume. Come se il mondo fosse tutto qui. Come spiriti in un paese di fantasmi. E appaiono in cucina i primi mangiatori. Vedi? Dice il cinese. Lacqua cala, emergono le pietre. Shuiluo-shichu».

Parole come pietre a segnare gli avvenimenti e il tempo.

Brunamaria Dal Lago Veneri, Corriere dellAlto Adige, 2016



Per Lanthaler scrivere sapendo di essere in futuro tradotto in un
’altra lingua, «è una possibilità, una vita, una voce in più». E questo si applica ancora più decisamente se la traduzione di un testo sarà in italiano, lingua che lo scrittore parla e conosce. E dove si colloca l’autore di Das Delta nell’annoso dibattito sulla traduzione che è tradire, cambiare, giocare con lingue diverse? Risposta secca: «Tutto questo, inanzitutto, e in più la prova del Nove».
E a proposito di Das Delta, a che punto è la stesura della seconda parte del lungo racconto ambientato lungo il Po?
«Ci vorrà ancora un po di tempo per poter dire: Col Delta del Delta ci avviciniamo alla Zona Cesarini. (Causa anche un testo mediolungo su Renato Cesarini, in fase di compimento)».

Giancarlo Ricci, Corriere dell Alto Adige, 2017



Il delta di Lanthaler è un libro che stupisce per un legame profondo e divertito con la cultura italiana: per la sua estetica, ricca di suggestioni felliniane e nazional-popolari, e per la storia vera e propria, giacché la vicenda biografica del trovatello fedele Conte Mamai attraversa il paese nell
arco di vari decenni, partendo dal delta del Po e qui ritornandoci, e accogliendo a ogni occassione apporti idiomatici locali, dialettali, proverbi. Ne risulta un romanzo vivace e spiazzante, che poco concede alle facili evasioni di una trama convenzionale, ma cattura con la poesia delle piccole storie e degli ambienti.

Stefano Zangrando, pagina 99, 2016







Il morto nella roccia

Il morto
            nella roccia


Traduzione dal tedesco di Stefano Zangrando
Edizioni Alphabeta/Raetia
304 pp, 2020


Primi anni novanta, val di Fleres, estremo nord dell’Alto Adige. Un’esplosione nel cantiere di una galleria fa emergere dai detriti di roccia il cadavere di un uomo in abito elegante e con una misteriosa ventiquattrore. Chi diavolo è? Com’è finito lì? Si tratta di un incidente o di un omicidio? La vicenda, apparentemente inspiegabile, è forse legata a quell’opera capitale che è il tunnel di base del Brennero, il cui tracciato attraversa lo stesso territorio e che ancora oggi, a distanza di trent’anni, non cessa di suscitare discussioni e polemiche? Se lo chiede l’irrequieto camionista Tschonnie Tschenett, simpatico sbruffone e bevitore impenitente, rientrato da qualche tempo nella sua terra d’origine e trovatosi per pura coincidenza sul luogo del ritrovamento. A corto di incarichi di trasporto e con la propensione a cacciarsi nei guai, Tschenett chiede supporto all’amico poliziotto Totò per indagare privatamente sul caso, imbattendosi in tipi loschi, contadini male in arnese, servizi segreti, biechi speculatori collusi con la politica e un’irresistibile geologa dai capelli rossi.

Una spy story venata di comicità, un romanzo che alla compattezza del genere poliziesco unisce le colorite sfumature idiomatiche di una terra di confine e plurilingue, dove emergono, in tutta la loro peculiarità, tratti psicologici e sociali divertenti e inquietanti al tempo stesso.


***


«La prima volta che lo vidi era morto. La seconda volta che lo vidi era ancora morto. E per me era diventato alquanto pericoloso.»

Un incipit che non lascia scampo nel nuovo romanzo poliziesco di Kurt Lanthaler, scrittore di Bolzano, Il morto nella roccia, con la traduzione di Stefano Zangrando. Il libro sarà presentato domani alle 18 online sulle pagine Facebook dell'editore e della libreria Ubik di Bolzano. A dialogare con l'autore sarà Massimo Cirri, di Caterpillar Radio Due. Interverranno anche ll traduttore Stefano Zangrando e iu librai della Ubik di Bolzano.

(…)
Declinato in prima persona, con ritmo serrato e linguaggio di lucida sintesi, il racconto si apre sull'immagine di un cadavere. L'ironia coglie di sorpresa il lettore dalle prime battute.
(…)
Il romanzo fa dunque emergere anche gli aspetti più complessi di quel territorio di confine, inscindibili da quelli del pluritinguismo, e ripropone l'annosa questione del tunnel del Brennero, in un intreccio stratificato di corruzione e servizi segreti.
(…)
Con la sua irriverenza giocosa e il suo sarcasmo, il camionista-detective riesce a mettere in scena un giallo ricco di riferimenti linguistici, letterari, sociali, storici, restituendo «il dietro le quinte di un Alto Adige ruvido e diffidente.

Gabriella Brugnara, Corriere del Trentino


***

Un romanzo poliziesco, ambientato tra le montagne e le valli dell’Alto Adige: protagonista il sagace camionista Tschonnie Tschenett, un ficcanaso perennemente in cerca di guai che non resiste alle sue brame di investigatore privato. La narrazione è irresistibilmente ironica e fa emergere i lati più nascosti di un territorio e della sua pittoresca lingua, e ripropone l’annosa questione del tunnel del Brennero, in un intreccio perverso di corruzione e servizi segreti.

Un libro ricco non solo di suspense (l’intricata storia è confezionata alla perfezione) ma anche di grande vivacità, pieno di riferimenti linguistici, letterari, sociali, storici che attraversano tutta la narrazione e restituiscono il »dietro le quinte« di un Alto Adige ruvido e diffidente.

A farla da padrone l’irriverenza e il sarcasmo di Tschonnie Tschenett, protagonista del romanzo (primo titolo di una saga che lo vede al centro di diverse avventure): un camionista pigro e bevitore impenitente, che si improvvisa investigatore privato e si caccia nei guai. A lui – dissacrante e inguaribile ficcanaso – è davvero impossibile non affezionarsi.

Alla base del racconto, ambientato negli anni Novanta, Alla base del racconto, ambientato negli anni Novanta, un’esplosione nel cantiere di una galleria all’estremo nord dell’Alto Adige, che fa emergere dalle macerie il cadavere di un uomo in abito elegante e con una misteriosa ventiquattrore. Chi è? Com’è finito lì? Ha forse a che fare con quell’ »opera capitale«, tanto discussa e mai realizzata, che è il tunnel di base del Brennero? È questo che si chiede Tschenett, facendosi supportare dall’amico Totò, ingenuo poliziotto, che lo aiuta a indagare privatamente sul caso. Nella storia Tschenett si imbatte in tipi loschi, contadini falliti, biechi speculatori collusi con i palazzi del potere; e in un’irresistibile petrografa dai capelli rossi.

L’atmosfera in cui si muovono i protagonisti è, da un lato, ammantata di un velo torbido e corrotto, una zona grigia che restituisce una terra piena di asperità, non solo orografiche; dall’altro restituita con quell’affetto e quella familiarità di chi conosce i segreti e le ricchezze di un territorio di confine, capace di trasformare la diffidenza in bellezza.

Il linguaggio complesso e articolato di Lanthaler, perfettamente reso (quasi »ad incastro«) dal traduttore Stefano Zangrando, è quello di una realtà unica e non riproducibile: un »dialetto-non-dialetto«, la lingua dell’Alto Adige, che mescola locuzioni e »colori« italiani e tedeschi, e che affonda le sue radici, molto recenti, nel linguaggio parlato e nella fusione di diverse identità: un lavoro complesso da restituire su carta, che Lanthaler e Zangrando hanno valorizzato al meglio grazie alla profonda conoscenza della lingua e della quotidianità del territorio che fa da sfondo al racconto.

(studiosandrinelli)






























 

Il delta

cover

Non vi perdete
cinquant' anni italiani
Fedele Conte Mamai Bombolo e l'anguilla
Babà
baccalà
bresaola
e bottarga
alphabeta editore
tradotto da
Stefano Zangrando


Romanzo



Il morto
              nella roccia


Zona Cesarini

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